“Parlare di Spiritualità con chi non ne vuole sapere è MOLTO ostico eppure, oggi, urgente ed importante. Parlare di spiritualità con chi sente di essere un illuminato è ancora più difficile, soprattutto se tale illuminazione ha assunto la forma di una identificazione distorta.
Il tema della Spiritualità necessita, dunque, di un approccio graduale, sensibile e soprattutto tarato sulle esigenze e i ritmi di ogni percorso individuale. Nessuna costrizione né regole imposte.
Rispetto e comprensione non devono mai mancare!
Siamo dei Robot con un’anima interna: è necessario assecondare tanto la macchina quanto l’essenza.
Il “come” affrontare il personale cammino lo determina la nostra anima, sulla base del livello di consapevolezza ed evoluzione raggiunto…”
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COSA È, DUNQUE, LA REALIZZAZIONE SPIRITUALE?
- È credere di essere un’anima?
- È pensare di essere spirito?
- È sentirsi illuminati?
No, questi sono solo PENSIERI. Sono NOZIONI. Sono CONCETTI e SENSAZIONI.
Essere spirituali significa, in primis, avere coscienza dell’impermanenza: accorgersi che non si può essere ciò che costantemente muore.
- Pensare di non essere impermanenti, tuttavia, non significa comprenderlo.
- Comprenderlo non significa crederlo.
- Crederlo non significa ESSERLO.
E allora, cosa possiamo fare per compiere un passo oltre nel nostro cammino evolutivo-spirituale?
Occorre attuare un processo inverso: possiamo osservare come, ognuno di noi, tende ad identificarsi con forme che possiedono un inizio ed una fine.
L’identificazione determina la nostra falsa identità.
Vogliamo essere ciò che non siamo o sentiamo di essere ciò che, un giorno, inevitabilmente, perderemo.
Quell’intervallo che si frappone tra
“CIO’ CHE VOGLIAMO ESSERE”
e
“CIÒ CHE REALMENTE SIAMO”,
rappresenta la causa di tutte le nostre angosce e dei nostri malesseri.
Quel senso di mancanza, di insufficienza, di assenza e scarsità crea quella distanza presente tra il vero essere e la pura illusione.
L’emozione retrostante, che guida i passi di ogni individuo, è la PAURA:
paura di non essere, paura di non avere, paura di perdere, paura di morire, paura dell’assenza… .
In fondo, siamo consapevoli che, su questa terra, vige l’impermanenza delle forme.
Tutto ha una fine e lo perderemo. Tutto, tranne ciò che REALMENTE siamo.
Ekart Tolle afferma:
“Nulla che potete scoprire su di voi è voi.
Nulla di ciò che potete conoscere di voi, è voi.”
Ed io aggiungo: tutto ciò che possiamo conoscere di noi rappresenta ciò che non siamo.
Conoscendo e ritrovando il nostro NON ESSERE possiamo, per sottrazione, ritrovare il nostro ESSERE.
Occorre togliere anziché aggiungere.
Ma per togliere, dobbiamo r-aggiungere nuove consapevolezze.
Questo è il simpatico, eppur funzionale, paradosso della vita.
COSA DOBBIAMO R-AGGIUNGERE PER TOGLIERE?
Oggi, più che mai, il nostro obiettivo deve essere quello di manifestare, nel tempo e nello spazio, le forme del VERO, del BENE e del BELLO per l’intera umanità.
Per fare ciò è necessario attuare una vera e propria trasmutazione in grado di ridare coerenza alle forme distorte.
Con il termine “forme distorte” indico i casi in cui non si verifica il “divino adeguamento” ossia i momenti in cui le frequenze del cuore non sono in sintonia con quelle della mente: quando soffriamo, odiamo, invidiamo, ci arrabbiamo, siamo inquieti, ci ammaliamo, vediamo le brutture del mondo. Tutti i casi in cui ci troviamo in profondi stati di disagio e malessere.
Poiché tutto è permeato da un “Principio Divino” anche nelle “forme distorte” è presente una armonia sottostante che chiede di essere svelata.
Sotto tali distorsioni si cela il senso di ciò che siamo e si percepisce il senso di ciò che ci illudiamo di essere.
Queste distorsioni sono le ombre delle pareti che ci separano dalla luce. Sta a noi smantellare tali pareti per osservare il brillare della fonte originaria.
Allora, ciò che ci viene chiesto di r-aggiungere è la consapevolezza dell’esistenza di tali pareti.
Una volta identificate, individuate le loro posizioni, la loro consistenza, avremo la possibilità di abbatterle (leggi: integrarle) in modo accurato e preciso, senza errori, senza mirare al vuoto.
Edifichiamo le nostre mura, individuiamo il loro posizionamento preciso per demolirle in modo chirurgico ed implacabile!
Tali pareti non sono altro che le nostre sub-personalità che interpretano un ruolo sul palcoscenico della vita.
CHE COSA SONO LE SUB-PERSONALITÀ?
(termine nato, dagli studi di Roberto Assagioli, con la Psicosintesi)
Tutti siamo coscienti del fatto che trascorriamo gran parte del nostro tempo lavorando, studiando, prendendoci cura delle persone care, cercando esperienze di benessere e rifuggendo da ciò che ci fa soffrire e ci fa paura. Siamo presi da così tanti impegni e accadimenti, da non renderci conto che la nostra personalità non può essere considerata come un monolite, come un unico blocco, bensì deve essere vista come una molteplicità di parti: essa è composta da un insieme di veri e propri “personaggi” differenti, spesso anche in contrasto tra loro.
Per riconoscere le differenti sub-personalità, che compongono la nostra personalità di base, possiamo partire dal considerare i ruoli che ricopriamo nella vita: genitore, figlio, moglie, marito, partner, lavoratore, insegnante, medico, paziente, condomino, cittadino, contribuente, utente di internet, ricercatore, consumatore, elettore, direttore, impiegato, conduttore….
In base al ruolo che rivestiamo “gli altri” si aspettano da noi qualcosa e noi riteniamo di dovere qualcosa a loro.
Questo è il meccanismo, automatico, che attiviamo in risposta a specifici stimoli, traumatici o meno.
La sub-personalità è una sorta di maschera. Può essere intesa anche come un vero e proprio meccanismo di difesa.
È un personaggio che chiamiamo in scena per gestire, nel miglior modo, un’esperienza, un evento, una situazione verificatasi in un ambito specifico. Comprende un insieme di comportamenti che con il tempo diventano abitudini, riflessi condizionati, abiti indossati come una seconda pelle.
Come esseri umani, tendiamo ad accumulare un certo numero di modelli o maschere comportamentali, che portiamo in scena in modo del tutto inconsapevole.
Le sub-personalità si trasformano in parti indissolubili del nostro modo di apparire.
Presenziano in noi, automaticamente, al di là della nostra stessa consapevolezza.
Sono i fantocci nei quali ci identifichiamo. Sono i tasselli del puzzle della nostra personalità.
Compito fondamentale di ogni persona che desidera compiere dei passi avanti nel percorso evolutivo, diviene quello di ri-conoscere le proprie sub-personalità sino a dirigerne, in modo sapiente ed efficace, l’espressione.
Fin quando non verranno sciolte, attraverso il loro riconoscimento e superamento in una “sintesi” più alta, le sub-personalità toglieranno energia ai nostri programmi consapevoli.
Occorre un vero e proprio processo di disidentificazione.
CHE COSA E’ LA DISIDENTIFICAZIONE E COME SI ATTIVA?
La disidentificazione è un processo di morte e rinascita attraverso il quale la persona entra in una identità più ampia
Per attivare il processo di disidentificazione esistono esercizi di vario tipo.
Tra i tanti, possiamo scegliere di iniziare con l’“OSSERVARE”.
L’osservatore è diverso da chi osserva. Possiamo creare un “osservatore” acritico, privo di giudizio, pronto solo ad individuare le famose “forme distorte”. Le stesse, sentendosi “colte in flagrante”, accorgendosi di essere state identificate, inizieranno, liberamente, a trasmutare, a sciogliersi ed integrarsi nel nuovo scenario, un paesaggio ormai intriso di una rinnovata consapevolezza.
Lo stadio naturale che viene dopo la disidentificazione è una nuova identificazione con l’Io centrale: un centro di pura autocoscienza, un centro di volontà capace di comandare, dirigere e usare tutti i processi psicologici ed il proprio corpo fisico.
Facile da scrivere (e nemmeno tanto), difficile da mettere in pratica: comunque, possibile!
Quello della disidentificazione è un lavoro di integrazione, che porta ad una “sintesi”, alla nascita di una personalità armoniosa e arricchita di nuove componenti.
Questo è il punto di partenza per entrare in contatto con la propria anima (sé superiore o transpersonale, come definito da Assagioli).
Dobbiamo sempre rammentare che esistono delle caratteristiche che devono essere necessariamente acquisite nel mondo della personalità prima di essere trasferite nella dimensione dell’anima.
Quando nasciamo, tutti noi abbiamo un progetto da realizzare ma con il passare del tempo lo dimentichiamo. La nostra Anima sa. Ascoltiamola.
Disidentifichiamoci dal sovrappeso, recuperiamo il ricordo di chi siamo permanentemente e realizziamo il nostro progetto in terra.
Donatella
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